Mezzolara, il ricordo ormai sbiadito di Villa Bonaparte

2 marzo, 2017

bonaparte2A Mezzolara un cartello indica Villa Bonaparte, descrivendola con parole che ormai non coincidono più con la realtà. Per 99 anni la tenuta agricola mezzolarese e la Villa (denominata anche Palazzina) sono state di proprietà dei discendenti di Napoleone I. L’ultima sovrana francese, Eugenia di Montijo, nel 1910 visitò i suoi possedimenti mezzolaresi, sedendosi a tavola con gli abitanti all’interno della Villa.
La commozione con cui gli anziani ricordano lo splendore della Palazzina Bonaparte fa da contraltare alla desolazione attuale. All’inizio degli anni ’80 il restauro sembrava possibile, qualche lavoro era iniziato: dopo poco tempo però tutto si è fermato, distruggendo così ogni speranza.

ADDIO VILLA BONAPARTE
Appena superata la Chiesa Parrocchiale di Mezzolara, rimanendo su via Riccardina, è possibile (sulla sinistra) imbattersi in un cartello che – con parole auliche – indica la Villa Bonaparte. La descrizione presente sul segnale produce un effetto tristemente ironico, perché descrive una realtà che da molti decenni è un ricordo sempre più sbiadito. La genialità di Annibale Certani e la lungimiranza di Alfredo Benni appaiono ormai distanti.
La Villa Bonaparte deve il suo nome al fatto che, dal 1824 al 1923, i proprietari della residenza e della tenuta mezzolarese fossero alcuni dei discendenti di Napoleone I. L’edificio mezzolarese è stato per secoli il fulcro della tenuta, divenuta – tra l’800 e il ‘900 – un modello nazionale, da cui gli imprenditori e i coltivatori di tutta Italia cercavano di trarre ispirazione.
I ricordi della Villa in piena salute sono ancora vivi nella memoria di molti anziani mezzolaresi, che si commuovono pensando agli sforzi dei loro padri e delle loro madri, che hanno contribuito con l’impegno e la volontà alla realizzazione di un sogno, che si chiamava Tenuta Benni a Mezzolara. Le innovazioni tecnologiche, la passione per l’agricoltura e l’allevamento, l’importanza attribuita ai rapporti umani oggi possono riemergere dai racconti delle persone, non certo dallo scenario desolante che da troppo tempo avvolge la più grande frazione del Comune di Budrio.
Lo stato di abbandono in cui giace la Villa Bonaparte rimane una ferita aperta. La ricerca di mete turistiche accattivanti porta a cambiare continente, a fare viaggi transoceanici, tralasciando troppo spesso ciò che è a pochi passi da casa. La soluzione sarebbe a portata di mano e farebbe rima con la valorizzazione della propria storia. Soltanto lo stemma imperiale napoleonico, posto sulla facciata dell’edificio più basso nel 1861, si è conservato in ottime condizioni, quasi volesse rifiutarsi di soccombere all’incuria attuale.

 

LA VILLA AL CENTRO DELLA TENUTA
La storia della Villa (denominata la Palazzina) Bonaparte è legata a quella dei vari proprietari della tenuta mezzolarese, formatasi attraverso l’accorpamento dei possedimenti dei Manzoli a San Martino in Soverzano – che a metà del ‘700 passarono ai membri della famiglia Marsigli –, dei Bentivoglio Manzoli e della famiglia senatoria Bentivoglio. Insieme ad alcuni terreni di altri piccoli proprietari si formerà la tenuta, che ritroviamo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo.
Ai primissimi anni del ‘700 risalgono le notizie certe a proposito dell’esistenza dell’edificio, probabilmente costruito da alcuni decenni, che diventerà poi la Villa Bonaparte.
Tra il 1757 e il 1758 la maggior parte delle terre mezzolaresi e dei dintorni entrano a far parte della proprietà di Pietro Antonio Odorici. La tenuta passa poi a Francesco Pizzardi e Gaetano Ramponi nel 1797: da questo momento, attraverso frequenti acquisti dei nuovi possidenti, aumenta in modo consistente l’ampiezza dei terreni riconducibili alla futura azienda agricola di Mezzolara.
Nel 1824 entra in scena la famiglia Bonaparte: Felice Baciocchi, marito di Elisa (sorella di Napoleone I), acquista la tenuta che alla sua morte – avvenuta nel 1841 – passa alla figlia Elisa Napoleona. Gli affittuari si susseguono fino al 1854-1855, quando si forma una società composta da Annibale Certani, Camillo Montanari e Giovanni Sarti. Ai tre uomini è affidata la gestione della proprietà che, in particolare grazie alle capacità dell’agronomo Annibale Certani, cambia volto: attraverso una innovativa opera di bonifica, molti terreni paludosi diventano coltivabili.
Nel 1861 Elisa cede la tenuta al nipote, l’Imperatore francese Napoleone III, che fa apporre lo stemma imperiale sulla Villa, rinnovando (nel 1868) il rapporto con la società di affittuari. Nel 1873, alla morte di Napoleone III, subentra la moglie Eugenia di Montijo. Nel 1904 Alfredo Benni entra nella società, diventando poi l’unico affittuario nel volgere di pochi anni e poi proprietario a tutti gli effetti dal 1923, subito dopo la morte dell’ex Imperatrice.
La Villa, o Palazzina, Bonaparte rimane sempre il fulcro della tenuta di Mezzolara. La Villa è composta da un edificio di due piani e da un altro ad un solo piano, caratterizzato da una torre colombaia e dallo stemma imperiale.

L’IMPERATRICE A MEZZOLARA
Il 4 giugno 1910 l’ex Imperatrice francese Eugenia di Montijo si trova a Bologna e, come già previsto da alcuni mesi, è pronta ad andare in visita alla sua tenuta di Mezzolara, gestita dall’affittuario Alfredo Benni. Alle prime ore della mattina la sovrana – accompagnata dal segretario, dall’ingegnere milanese che sovrintende ai possedimenti, dal principe Hercolani, dalla consorte e da uno stuolo di persone al seguito – lascia Bologna, arrivando in automobile a Mezzolara, dove ad accoglierla c’è proprio Alfredo Benni, che la accompagnerà per tutta la giornata.
La qualità degli edifici agricoli, degli essicatoi, la salubrità e l’ordine delle case dei numerosi coloni lasciano senza parole Eugenia, stupita in particolare dai 14 km di binari per il decauville interno alla proprietà. La crescita della produzione, il miglioramento dei sistemi di trasporto, l’introduzione di nuove colture e di nuovi metodi esaltano la personalità di Benni, che nei decenni successivi porterà a compimento il suo progetto, rendendo la tenuta mezzolarese un vero modello nazionale.
Eugenia di Montijo incontra tutti i coloni, visitando ogni fabbricato e stalla, dimostrando – nonostante gli 84 anni – un’energia notevole. La giornata mezzolarese si conclude con un grande rinfresco all’interno della Villa Bonaparte, a cui vengono invitati molti abitanti, pronti a fare assaggiare alla nobildonna tutte le loro specialità culinarie. Davanti al ritratto di Elisa Napoleona Baciocchi (proprietaria prima di Napoleone III e la stessa Eugenia) l’ex Imperatrice esprime la propria gratitudine a Benni, ai coloni e a tutti i mezzolaresi accorsi: elogiati soprattutto per la bontà dei prosciutti.

Leonardo Arrighi

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5 Commenti


  1. E’ colpa di Pierini!11!!!
    E’ una perzona falza!!11!1

    • Le colpe di Pierini sono altre, sono molte,sono ben più gravi. E non è attraverso il paradosso di addossargliene di inesistenti, signor Luchino, che Lei ed altri riusciranno a farle dimenticare ai budriesi. Si diverta, finché può, perché Giugno è vicino. Dopo, Le toccherà stare a guardare come amministrerà il Sig. Mazzanti.

  2. Andrea Bonfiglioli

    fate tutti attenzione a quello che sta accadendo all’organizzazione ospedaliera provinciale. Non molto tempo fa c’è stata la levata di scudi di alcuni sindaci della montagna attorno all’ospedale di Vergato visto il piano che prevede tra le altre cose la trasformazione in ospedale di comunità (traduzione in italiano semplice: da ospedale a supercasa di riposo con tanta assistenza infermieristica e bona lè).
    Poi, sempre non molto tempo fa, la notizia che nel piano provinciale c’è pure la volontà di trasformare in ospedale di comunità anche quello di Loiano.
    Oggi dal Carlino apprendiamo che il piano provinciale di riorganizzazione ospedaliera prevede tale tipo di mutazione anche per l’ospedale di S.Giovanni in Persiceto.

    Qualcuno avverte il pericolo?

    E in tal caso cosa vi aspettate dall’attuale sindaco? Parlerà ancora di perfetto inserimento nella rete delle cure provinciali, di incremento di attività?
    Certamente non imiterà alcuni suoi colleghi che hanno emesso un grido di dolore-allarme.

    Badate bene tutti che dietro alla trasformazione di un reparto ospedaliero in ospedale di comunità sta il fatto che si riducono drasticamente i posti letto per patologie acute (cioè i motivi per cui la gente si reca in pronto soccorso e per cui viene ricoverata). Vuol dire che quando un simile piano verrà attuato, improvvisamente ci saranno molti meno posti letto per curare i problemi acuti.

    E’ bene sostenere chi non scende a patti con tali riorganizzazioni (che hanno lo scopo di ridurre la spesa sanitaria, non di curare di più).

    Meditare gente, meditare.

  3. Buongiorno,

    Mi chiedo, oltre a constatare lo stato di abbandono per il quale tutti soffriamo, cosa si potrebbe proporre per restaurarla?
    Di chi è la proprietà? Chi ne è stato il responsabile? Occorrerebbe studiare lo stato degli interni, con un adeguato comitato scientifico e valutarne, con l’oggettività che deve essere scevra da ogni sentimentalismo, ciò che ancora si può fare. Occorre poi valutarne anche lo stato di utilizzo; la famiglia Bonaparte ha di certo avuto una certa importanza ma dopo il 1848 essa è inesorabilmente decaduta, pur con tutti i privilegi e le ricchezze che possono avere le famiglie nobili in uno stato repubblicano (N.B: parlo della Francia, mi pare ovvio. Sui Bonaparte in Italia non ho informazioni rilevanti). Sì, insomma, diciamo che un comitato scientifico potrebbe studiarne lo stato dell’arte e valutare un possibile intervento.
    Questa sarebbe una proposta.
    Sì, poi il ricordo dei vecchi, l’abbandono, il cartello, il cancello solo e triste chiuso, ok…
    Abbiamo anche un Palazzo Sforza (sì, quegli Sforza) non molto lontano che versa in uno stato di abbandono pressoché totale.
    Come ricavare soldi per la cultura quando teatri, pinacoteca, musei e luoghi della cultura sono disertati dai più?

    Marilisa

  4. Intanto grazie per la bella ricerca a L. Arrighi. Perché per scrivere un articolo del genere occorre fare laboriose ricerche d’archivio, studiare testi, visitare luoghi e amare il proprio territorio. Dedicare tanto tempo.
    Le polemiche su chi sia la responsabilità del degrado? Credo dei proprietari attuali, senza ragionevole dubbio. Di certo rendono di più le centrali a biogas. L’amministrazione comunale? Ci sono nel territorio splendidi esempi di architettura antica, qualcuno definisce Bagnarola come la Versailles di Bologna. Un po’ di interesse e di turismo culturale smuoverebbe anche la stagnante economia locale. Parlo del mondo delle idee.
    Ma le idee interessano alla solerte amministrazione comunale di Budrio ed a quella della Città metropolitana?Nientemeno!

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