L’impegno di Giovanni Pulvino, primario dell’Ospedale di Budrio

21 luglio, 2016

Giovanni Pulvino è stato per 31 anni il Primario Chirurgo dell’Ospedale di Budrio, in cui ha lavorato per 44 anni. Giunto a Budrio durante la IIª Guerra Mondiale, Pulvino fu costretto a dimostrare immediatamente la propria personalità, reggendo – insieme a Giuseppe Nerino Zagari – l’Ospedale, spostato nella Villa Ranuzzi Cospi di Bagnarola. Il medico di Valledolmo (Palermo) è stato Primario Chirurgo nel corso di decenni in cui a questo incarico erano affidate enormi responsabilità e numerose specializzazioni: Giovanni si è occupato di chirurgia generale, ginecologia, ostetricia, urologia ed ortopedia, arrivando a realizzare ben 14000 interventi.

DUE TESTIMONIANZE SPECIALI
Per raccontare la vita di Giovanni Pulvino è interessante lasciarsi guidare dalle testimonianze di Benedetto Schiassi e Pietro Del Prete. Questi nomi incarnano la storia e l’attualità della Chirurgia budriese. Entrambi hanno avuto la possibilità di conoscere Pulvino, osservandolo con occhi diversi: Benedetto Schiassi attraverso quelli del collega più maturo e pronto a dare consigli, mentre Pietro Del Prete con quelli del giovane medico alla ricerca di importanti indicazioni da un predecessore pieno di esperienza. Schiassi conobbe Giovanni al termine della IIª Guerra Mondiale ed ebbe modo di constatare la qualità del medico siciliano, che non dimenticherà mai gli insegnamenti del maestro, ricordato a Budrio anche per merito suo. Le parole del mezzolarese Benedetto, scritte il 20 maggio 1952, hanno un valore inestimabile: «Durante il tempo in cui allo Spedale di Budrio ho avuto come collaboratore in Chirurgia il Signor Dottor Pulvino Giovanni fu Giovanni ho potuto apprezzarne le sue doti di professionista coscienzioso e dotto. Egli è ornato da una cultura nel campo della Medicina Chirurgia vasta e profonda, possiede qualità morali elevatissime, ingegno vivace ed assimilatore. Gli è perciò che qui si rilascia questo attestato d’alta estimazione».
Pochi giorni dopo la morte di Pulvino, Del Prete scrisse un testo – pubblicato sul periodico del Comune di Budrio – in cui raccontò alcuni tratti caratteriali del predecessore, concentrandosi sulla loro amicizia maturata nel corso del 1988 e sulla felicità di Giovanni nel vedere il giovane collega farsi strada e ottenere, nel 2001, l’incarico di Primario Chirurgo dell’Ospedale di Budrio. Le parole di Del Prete non lasciano spazio a dubbi e ribadiscono la difficoltà della professione svolta dal chirurgo, spesso avvolto da profonda solitudine ed obbligato a dover far leva sulla propria forza d’animo.

PULVINO IN SICILIA
Giovanni nasce a Valledolmo, in provincia di Palermo, il 28 gennaio 1919. La famiglia Pulvino è molto numerosa, il futuro medico può contare su tre sorelle e due fratelli. Il padre e la madre lavorano in campagna, facendo enormi sacrifici per provvedere ai figli. Giovanni collabora costantemente con i famigliari, svolgendo varie attività. L’impegno principale è lo studio, ma in ogni istante libero il ragazzino non si sottrae agli impegni. Già in questi anni emerge il profondo senso del dovere, che accompagnerà Pulvino nel corso della sua lunghissima carriera, sempre animata da passione e fermezza, recepita a volte come eccessiva rigidità. La predisposizione alla lettura e un forte spirito di osservazione contraddistinguono il giovane siciliano, che – grazie al sostegno dei genitori – si iscrive al liceo classico. Il latino e il greco diventano compagni inseparabili dello studente, che leggerà quasi sempre i testi antichi in lingua originale, traendo spesso delle ispirazioni da trasferire nella sua quotidianità medica. Nel 1938 Giovanni consegue il Diploma e compie il passo decisivo, iscrivendosi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Palermo. La possibilità di curare le persone rappresenta il sogno nutrito sin da giovanissimo e con il passare degli anni comincia a prendere forma. Ad interrompere momentaneamente il percorso del siciliano è il tragico scenario della IIª Guerra Mondiale: il 4 dicembre 1941 Pulvino è chiamato alle armi e viene assegnato alla Scuola Allievi Sottufficiali di Vittorio Veneto (Battaglioni Universitari). Conseguito il grado di Sergente Giovanni è trasferito nei reparti di Sanità degli Ospedali Militari di Padova e di Palermo. In questa situazione drammatica, il ventitreenne di Valledolmo si scopre adatto alla professione di Medico Chirurgo: nonostante un temperamento abbastanza ansioso, Giovanni è capace di sostenere pressioni enormi quando ha un bisturi in mano. Durante il periodo bellico il siciliano continua a studiare, affiancando ai libri una serie di esperienze che ne formeranno la personalità.
Tra le abilità affinate in questo periodo c’è la cura delle ferite d’arma da fuoco: quando Pulvino giungerà – pochi anni dopo – a Budrio, sarà costretto a medicare molte ferite causate dalla IIª Guerra Mondiale, dimostrando (come ricordano ancora alcuni budriesi) delle capacità davvero provvidenziali. Nel mese di novembre del 1942, in base alla circolare Ministeriale relativa agli studenti del 5° e 6° anno di Medicina, il Sergente viene congedato.

L’ARRIVO A BOLOGNA E POI BUDRIO NEL DESTINO
Il ritorno a casa non è semplice: Palermo e il territorio circostante sono sottoposti a bombardamenti incessanti. L’Università ha chiuso i battenti, ma Giovanni non si arrende e decide di trasferirsi a Bologna, iscrivendosi al 5° anno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo felsineo. Lo studente siciliano si dimostra indipendente e riesce ad integrarsi nella nuova realtà accademica. L’Istituto di Patologia Chirurgica, diretto da Gaetano Placitelli, diventa il centro dell’attività del futuro medico, che frequenta la struttura come allievo interno, dimostrando tutte le sue qualità. Pulvino prepara la tesi – dal titolo Elettrosedimentazione dei globuli rossi in condizioni fisiopatologiche di pertinenza chirurgica – facendo riferimento alle ricerche svolte personalmente nell’ambito dell’Istituto. Il 26 maggio del 1944 giunge la Laurea.
Nei mesi successivi Giovanni continua a frequentare l’Università e, all’inizio di settembre, sostiene e supera l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio professionale. Il 23 settembre giunge a Budrio con l’incarico di Assistente Chirurgo. In quel momento l’Ospedale è collocato, a causa della IIª Guerra Mondiale, all’interno della Villa Ranuzzi Cospi di Bagnarola. Pulvino collabora con Giuseppe Nerino Zagari ed insieme riescono a garantire l’esistenza della struttura fino alla Liberazione.
Concluso il periodo bellico, il medico siciliano comincia ad interagire con Benedetto Schiassi, Luigi Zagni e Gaetano Placitelli: i Primari che si susseguono, anche per brevi periodi, fino al 1957. Giovanni dimostra una grande volontà di fare esperienza, imparando dai colleghi più maturi e acquisendo, in breve tempo, la stima sincera dei chirurghi che si trova ad affiancare. Il 16 gennaio 1947 Pulvino è nominato Aiuto Chirurgo Incaricato e nel 1950 consegue il Diploma di Specialista in Chirurgia a cui seguiranno quelli in Ortopedia e Traumatologia (1953) e in Ostetricia e Ginecologia (1961). Dal 1953 al 1955 acquisisce l’incarico di Aiuto Chirurgo Titolare, poi quello di Primario interinale e infine, dal 1° agosto 1957, quello di Primario a tutti gli effetti. Giovanni esegue interventi di Chirurgia Generale, di Traumatologia, di Ostetricia e Ginecologia, entrando in azione nel caso il parto si complichi e si renda necessario il taglio cesareo.

BISOGNA SERVIRE LA PROFESSIONE
La quotidianità del chirurgo è sempre stata scandita dall’impegno medico, vissuto con la massima fedeltà alla frase che amava ripetere spesso: «non bisogna servirsi della professione, ma bisogna servire la professione». La sveglia immancabilmente alle 5 di mattina per arrivare il prima possibile in Ospedale, da cui probabilmente se ne era andato da pochissime ore per risolvere un’emergenza o per una delle sue ricognizioni notturne. Le giornate trascorse tra la sala operatoria e le stanze dei pazienti, svolgendo varie professioni: chirurgo generale, ostetrico, ginecologo, ortopedico e urologo. Gli amici Carlo Rimondini, Valter Chiusoli, Edmo Rizzi, Allarmi Orlandini e Augusto Montebugnoli hanno condiviso con il Primario i rari momenti di svago, vissuti all’insegna dell’affetto per Budrio.
Nel 1962 Giovanni sposa Anna Pollastri e sette anni più tardi vede la luce la figlia Giuseppina. Pulvino continua a studiare con costanza: nelle brevi pause dalle incombenze chirurgiche, il Primario si chiude nello studio. Quasi sempre, dopo la cena, il medico si siede alla scrivania della sua abitazione e comincia a leggere e scrivere, prima di compiere il consueto giro all’Ospedale. Il comportamento inflessibile nei confronti del personale è il risultato della profonda consapevolezza dell’importanza del lavoro svolto. Avere la vita dei pazienti tra le mani significa avere una enorme responsabilità, da assolvere con rispetto e massimo impegno. La pretesa di disciplina ha contraddistinto l’attività di Giovanni, spesso costretto a dover fare i conti con dubbi di difficile risoluzione. Nel corso dell’intera carriera Pulvino ha pubblicato decine di studi di chirurgia generale, ostetricia, ginecologia, ortopedia e urologia, tentando di rimanere al passo con le incalzanti evoluzioni tecnologiche, capaci di cambiare la Medicina attraverso l’introduzione di strumenti in grado di consentire l’esecuzione di interventi con modalità prima soltanto immaginate.
Il 18 febbraio 1988 Giovanni lascia la professione per raggiunti limiti d’età. Alcuni giorni dopo il Tetro Consorziale ospita una cerimonia in suo onore, in cui le autorità del Comune gli consegnano una targa d’oro per ricordarne la lunghissima attività. Il Primario decide di continuare a trascorrere gran parte del tempo a Budrio, nonostante la famiglia viva a Bologna. Ogni giorno Pulvino passa per la sua abitazione budriese, dove si ferma a leggere, scrivere e ad ascoltare musica. Quest’ultima è sempre stata una sua grande passione, che lo ha portato a sostenere economicamente la Corale del suo paese natale e a donare un pianoforte alla Corale Bellini di Budrio. Nel corso degli anni ’90 si rinsalda progressivamente il rapporto con Fedora Servetti Donati, con cui il medico condivide la passione per la storia ed in particolare per le vicende dimenticate. Nel mese di dicembre del 2000 i colleghi organizzano un evento all’interno dell’Ospedale per ricordare il predecessore, felice di ricevere l’omaggio – un anno dopo – da parte di Pietro Del Prete, in occasione del suo primo giorno da Primario Chirurgo. Quando la malattia, nel 2008, lo costringe al ricovero, ancora una volta Pulvino sceglie Budrio, il luogo dove la sua carriera è iniziata e dove si è svolta. Il 22 giugno dello stesso anno il medico muore, non venendo meno però nel ricordo delle persone che lo hanno conosciuto, pronte a salutarlo alcuni giorni dopo nella Chiesa di San Lorenzo.

Ringrazio Anna Pollastri, Giuseppina Pulvino, Fernando Pazzaglia, Giancarlo La Manna, Maurizio Montanari ed Ezio Venturoli.

Leonardo Arrighi

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13 Commenti


  1. Salve a tutti, io posso confermare che per il mio caso è stato un angelo salvatore; da quello che mi ha sempre detto la mia mamma mi ha portato avvolta in una coperta alla tenera età di 2 anni e mezzo all’ospedale di Budrio ( si parla del 1965/66)…….. mi ha riscontrato appendicite perforata con poche speranze ma …… dicendo sicuramente che avrebbe fatto/dato il massimo!!!!! infatti se sono qui lo devo a lui!!!!! cicatrice enorme ma questo non è un problema per me ….. è sicuramente un segno di un angelo che mi ha salvato!!!!!! grazie GIOVANNI

  2. …….novembre 1975…..era nato mio figlio….una delle ultime nascite all’ospedale di Budrio…….erano le 4 o le 5 del mattino e lo incontrai sul corridoio del reparto……. in un modo un pò burbero mi chiese cosa facessi lì….!!!!!…….poi mi fece le congratulazioni……

  3. Ho messo “entusiasta”, perché entusiasta di aver prestato il mio servizio modesto con un MAESTRO di quel calibro! Gli aneddoti felici e meno felici sarebbero tanti! Di sicuro gli insegnamenti sono stati tanti e tutti positivi! Grazie dott. Pulvino!!!!!

  4. Maria Grazia Vizzini

    Sono una nipote del Dr.Pulvino sono arrabbiata per il fatto che nell’articolo c’è una inesattezza importante . Mi riservo di parlarne con mia cugina Giuseppina per una correzione . Buon Giorno

  5. Siamo Pina e Stella Di Simone, anche noi nipoti del Dott. Giovanni Pulvino, unitamente alla Dott.ssa Maria Grazia Vizzini , nostra cugina, esterniamo il nostro profondo disappunto per un’informazione erronea rilevata nella lettura dell’articolo che va corretta tempestivamente.
    Ci riferiamo al fatto che i nonni non erano assolutamente contadini ma proprietari terrieri e con ciò senza voler sollevare un polverone politico-sociale.
    Cordialmente Pina e Stella Di Simone.

  6. ANTONIO PULVINO

    Buongiorno,
    sono Antonio Pulvino nipote del Dott. Pulvino, anche io mi associo al disappunto espresso dai miei cugini Di Simone e Vizzini in merito alle origini dei nonni.
    I sei figli hanno studiato nei migliori e prestigiosi collegi siciliani e il nonno rilevò con la la riforma agraria un feudo.
    Tanto mi occoreva precisare in memoria di persone che non ci sono più e grazie ai quali ad oggi godiamo di benessere.
    Cordiali saluti
    Antonio Pulvino

  7. In questi giorni sono giunti alcuni messaggi da parte dei famigliari del Dottor Pulvino, che hanno espresso il loro “disappunto” per una imprecisione presente nell’articolo. Tengo a sottolineare che le informazioni famigliari mi sono state fornite dalla moglie e dalla figlia di Giovanni Pulvino, che evidentemente non erano a conoscenza delle vicende relative ai parenti. La mia ricerca non è certo stata incentrata sugli aspetti genealogici di Giovanni Pulvino, ma sulla sua personalità e sulla sua carriera.
    Attraverso i messaggi pubblicati su Budrio Next sono emerse nuove informazioni sulla storia famigliare del Dottor Pulvino, quindi il dibattito è stato utile per me e spero anche per i lettori. Tengo comunque a ribadire che l’imprecisione è figlia di informazioni errate all’origine e non sono il risultato di nessun tipo di strana interpretazione.
    Ho avuto la possibilità di avere uno scambio di mail con Maria Grazia Vizzini (nipote di Pulvino e autrice di uno dei messaggi): in forma privata mi ha descritto la condizione famigliare in modo dettagliato, ringraziandomi comunque per averle fatto conoscere molte informazioni, a lei ignote, sul suo indimenticabile zio Giovanni.
    Il padre del Dottor Pulvino era un proprietario terriero, che ha potuto far studiare molti dei suoi figli, giunti fino alla laurea.
    E’ giusto che la verità emerga e ne sono felice, anche se non posso fare a meno di aver notato, tra le parole usate nei messaggi dei parenti, un eccessivo risentimento per una imprecisione assolutamente priva di ricadute negative: essere CONTADINI è meraviglioso. Molti dei miei parenti sono stati CONTADINI ed io lo rivendico con orgoglio!

    Leonardo Arrighi

    • M.Grazia Vizzini

      Preg.mo Sig. Arrighi per chiudere da parte mia la faccenda ,volevo semplicemente dire che io e i miei i cugini abbiamo rilevato quella imprecisione nel suo articolo non per sollevare una polemica sociale ma per amore della verità. E anche lei , secondo me ,avrebbe dovuto , accorgersi ,quando mia cugina Giuseppina le ha descritto le origini dello Zio Giovanni che un contadino ,soprattutto di quei tempi ,non avrebbe potuto mantenere un figlio agli studi e men che mai all’Università ( e a Bologna poi). Nessuno di noi cugini ha potuto conoscere il nonno Giovanni in quanto tutti siamo nati quando il nonno era già morto . Queste notizie le abbiamo apprese dai nostri genitori. Comunque anch’io ho degli altri parenti contadini che rispetto e voglio bene ma ,mi permetta di dissentire, fare i contadini secondo me , considerata la situazione attuale non è meraviglioso . Buona domenica

      • Gentile Maria Grazia,

        potrei elencarle una serie lunghissima di Donne e Uomini che hanno potuto studiare pur non essendo avvantaggiati da una condizione economica agiata. La storia di Budrio, di cui mi occupo da anni, è costellata di persone straordinarie che, nonostante la scarsità di risorse finanziarie, sono riuscite a laurearsi. La scuola pubblica a Budrio è nata nel 1556 e sin dall’origine erano previste delle borse di studio per giovani non abbienti ma meritevoli. Molti budriesi ne hanno usufruito nel corso dei secoli: tra loro mi piace ricordare Quirico Filopanti e Fedora Servetti Donati.
        Nelle ricerche di questi anni ho imparato che la logica non è quasi mai una buona consegliera: Giovanni Pulvino avrebbe potuto studiare pur essendo figlio di persone non agiate. La invito a leggere le storia di moltissime persone che hanno offerto contributi insostituibili alla Storia d’Italia. Troverà molte sorprese e comprenderà quanto sia grande lo spirito di sacrificio di molti individui.

        Leonardo Arrighi

  8. Bravo Leonardo!!!!
    Non tutti i GRANDI hanno parenti al proprio livello.

  9. Rimango esterefatta dai commenti espressi dai nipoti del Professor Pulvino. Anche lui credo che, per la sua correttezza morale e sociale ne dissentirebbe. Sarebbe più onorevole essere grati di far parte di una famiglia di contadini che con enormi sacrifici ha potuto permettere ad un figlio volenteroso e meritevole di laurearsi in quei tempi, che essere LATINFONDISTI in una Sicilia di altri tempi. Ancora oggi essere contadini è un lavoro ONESTO, di cui andare fieri. Non vi è stato alcun rispetto da parte vostra verso una categoria che pur senza grandi possibilità ha senz’altro molta dignità , che non è da tutti.

  10. Forse con le vacanze mi sono perso qualche passaggio!
    Concordo con il Dott. Arrighi quando dice che essere contadini è meraviglioso. A parte questo mi sbaglio o la riforma agraria citata dal nipote del Dott. Pulvino è stato un momento storico in cui dette la terra ai braccianti? Dott. Arrighi Lei che è uno storico mi conferma?

  11. Faccio i complimenti al giovane Arrighi per la serietà della sua ricerca. Per la polemica fuori luogo e fuori contesto, visto che si stava celebrando una delle più belle figure del nostro paese, che non è il loro, ho solo una definizione: spocchia!

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