21 ottobre 1944, la battaglia di Vigorso e Fiesso. Il ricordo di un eccidio

20 ottobre, 2016

1944-2Domani, 21 ottobre 2016, ricorrerà il 72esimo anniversario dalla Battaglia di Vigorso e Fiesso, che questa sera sarà ricordata attraverso Voci della Memoria, un evento organizzato dalla Sezione ANPI di Budrio e dall’Associazione Culturale Il Sogno. Alle ore 21, all’interno della Sala S (via Garibaldi 39), riprenderanno vita le testimonianze legate alla tragica battaglia del 21 ottobre 1944: una data indimenticabile per gli abitanti di Budrio e Castenaso, legati dal ricordo di un avvenimento tragico, che deve essere studiato ed approfondito da chiunque abbia a cuore il futuro.

LA BATTAGLIA
La sera del 20 ottobre 1944 giunge a Vigorso un gruppo di uomini delle brigate Garibaldi 36ª, 62ª e 66ª, che si unisce alla Iª compagnia del battaglione Pasquali. Il gruppo di partigiani ha la necessità di trovare un rifugio sicuro per la notte, prima di trasferirsi a Bologna il giorno seguente. I resistenti scelgono di fermarsi nel podere Mazzacavallo di proprietà della famiglia Maccagnani, composta quasi totalmente da donne. La posizione isolata non ha – fino a quel momento – fatto ricadere l’attenzione dei tedeschi sulla casa colonica, la stalla e il fienile presenti nel fondo Mazzacavallo. I partigiani – che per la verità non hanno molte alternative, essendo già occupati molti casolari della zona proprio da altri combattenti per la liberazione – fanno affidamento sulla posizione e sulla cospicua presenza femminile, che dovrebbero dissuadere i nazisti da eventuali sortite.
Durante la notte ha inizio una enorme operazione di rastrellamento da parte delle forze armate tedesche. L’area compresa tra il ponte dell’Idice di Castenaso, quello della Riccardina, tra la ferrovia veneta e via Vigorso viene setacciata in maniera capillare. I nazisti, molto probabilmente su indicazione di una spia, circondano il podere Mazzacavallo, trovando alcune armi sotto una catasta di fascine. All’alba del 21 ottobre i tedeschi fanno uscire di casa le sorelle Maccagnani Ida, Enrica, Emma e Giuseppina, giunta da poco tempo insieme al marito Celestino Gabrielli, Ivo Galletti, la moglie Chiara Poluzzi e la figlia Anna Teresa Galletti. I soldati cominciano ad ispezionare i vari edifici: quando giungono al fienile, due militari si affacciano ad una botola e scorgono i partigiani nascosti, che iniziano a fare fuoco per primi. Comincia la tragica Battaglia che si protrarrà per circa tre ore (dalle 8 alle 11). I morti sono subito numerosissimi da entrambe le parti. Alcuni partigiani riescono a fuggire, dovendo però impegnarsi in un altro scontro presso il podere Prando della frazione di Fiesso (Castenaso); altri resistenti trovano rifugio nella possione Corazzina, dove vengono però scoperti e catturati. I tedeschi rimasti al podere della famiglia Maccagnani incendiano tutti gli edifici, decidendo di uccidere tutti i civili, colpevoli di aver nascosto i partigiani. Prima sono assassinati gli uomini: Ivo Galletti è impiccato ad un albero e poi carbonizzato, mentre Celestino Gabrielli muore a causa di ripetuti colpi alla testa ricevuti dal calcio del fucile di un soldato. L’efferatezza nazista raggiunge l’apice nella fucilazione delle cinque donne, tra cui Chiara Poluzzi, che riuscirà a salvarsi.
Per oltre dieci giorni i corpi dei partigiani e dei civili uccisi restano privi di sepoltura, per dimostrare quale destino occorra ai “ribelli”. L’intervento del parroco di Vigorso porterà all’ottenimento di una degna tumulazione. I partigiani catturati vengono condotti a Medicina, dove sono torturati per tutta la notte seguente. Otto di loro, la mattina del 22 ottobre, sono fucilati davanti ad altri compagni, obbligati ad assistere alle esecuzioni. La maggior parte dei resistenti catturati sarà inviata nei campi di lavoro in Germania, altri verranno rinchiusi nel carcere di Peschiera del Garda e in quello di San Giovanni in Monte a Bologna.

 

COME SI È GIUNTI AL 21 OTTOBRE 1944
La lotta partigiana nelle zone pianeggianti è caratterizzata da una forte vicinanza tra i resistenti e la popolazione civile. I gruppi di partigiani sono spesso molto ristretti e hanno bisogno della collaborazione degli abitanti delle varie zone per trovare rifugio, in un territorio che – a differenza della montagna – non offre molti ripari naturali.
All’inizio del 1944 nel territorio che comprende Budrio e Castenaso sono impegnate le squadre del Battaglione Pasquali e dall’estate buona parte dei partigiani è inserita nel distaccamento locale della 7ª brigata Gap di Bologna, mentre i componenti delle Sap (squadre di azione patriottica) operano prima all’interno della 2ª brigata Paolo e poi nella 4ª brigata Venturoli. Le manifestazioni popolari, la battaglia del grano, l’assalto ai palazzi comunali, la distruzione dei registri delle tasse, degli elenchi di leva, l’organizzazione della raccolta di armi e vari sabotaggi inaspriscono lo scontro tra nazifascisti e partigiani.
Alla fine di settembre le truppe angloamericane sono risalite fino a pochi chilometri da Bologna. I nazisti tentano di organizzare le proprie forze militari per contrastare gli Alleati. Lo scontro decisivo sembra imminente ed anche i partigiani cercano di attuare una strategia, definita dal Cumer (Comando Unico Militare dell’Emilia Romagna, massimo organo direttivo della lotta resistenziale della regione) che ordina alle varie formazioni di unirsi e avvicinarsi alle città più importanti, tra cui Bologna. La guerra di Liberazione sembra vivere il momento culminante e le forze partigiane vogliono recitare un ruolo decisivo, anche in vista del futuro riassetto politico dell’intera nazione. Il Cumer pensa che entro l’inverno i nazifascisti saranno definitivamente annientati e per questo motivo incrementa l’invio di partigiani nella pianura attorno a Bologna. I tedeschi scelgono di creare una linea difensiva lungo il fiume Idice, avviando così una capillare operazione di rastrellamento nelle zone circostanti. La Battaglia di Vigorso sarà una conseguenza di questi accadimenti. Poche settimane prima la provincia bolognese ha dovuto fare i conti con il terribile eccidio di Monte Sole. Purtroppo queste tragedie non resteranno isolate durante l’inverno tra il 1944 e il 1945, in cui le truppe angloamericane decidono di interrompere la propria avanzata.

Leonardo Arrighi

Foto realizzate da Sergio Cardin

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3 Commenti


  1. L’ANPI farà iniziative analoghe anche per ricordare i fratelli Govoni di Pieve di Cento? O chi ricorda i civili uccisi dai partigiani a guerra finita è automaticamente un fascista?

  2. Bella domanda Alessio! La risposta però non arriverà.
    Per loro è ancora valido lo slogan. ” se vedi un punto nero, spara a vista o è un prete o un fascista”.

  3. E’ morto pochi giorni fa alla bella età di 100 anni il barbiere Giorgio Zecchi. Ricordo a chi non lo sa o ha la memoria corta che suo padre fu assassinato a sangue freddo dai partigiani mentre era pacificamente intento a fare la barba ad un cliente.

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